Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge si prefigge di dare attuazione alla decisione quadro 2003/80/GAI in materia di tutela penale dell'ambiente, adottata il 27 gennaio 2003 dal Consiglio dei ministri dell'Unione europea. All'articolo 2 del citato strumento giuridico viene imposto agli Stati membri di adottare provvedimenti necessari per rendere perseguibili penalmente, in virtù del proprio diritto interno, i reati intenzionali, ossia dolosi, cioè le condotte volontariamente lesive dell'ambiente e della salute umana.
      D'altra parte, l'ambiente costituisce ormai uno dei temi centrali dell'Unione allargata. Nel Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, firmato a Roma il 29 ottobre 2004, agli articoli 1 e 2, si afferma: «L'Unione si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata (...) su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena

 

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occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente». Nello stesso Trattato costituzionale viene auspicata l'introduzione negli Stati membri di sanzioni adeguate per i comportamenti suscettibili di porre in pericolo siffatto bene primario. Questo enunciato, per la fonte da cui è posto, assumerà, a seguito della ratifica degli Stati dell'Unione, un rilievo fondante, superiore a ogni altro livello normativo, comunitario e interno.
      La presente iniziativa legislativa si inserisce, a livello nazionale, nel percorso riformatore che sta coinvolgendo l'articolo 9 della Costituzione, e che introduce, in via espressa, l'ambiente fra i beni meritevoli di tutela nella Carta fondamentale.
      Molteplici sono i fattori che rendono, allo stato, di scarsa efficacia e di modesta dissuasività la protezione apprestata dal nostro sistema penale all'ambiente. In primo luogo, l'assenza di un intervento-quadro, che disciplini armonicamente la materia; inoltre, la maggior parte delle sanzioni è di tipo contravvenzionale: il che significa termini di prescrizione brevi, cioè estinzione della pretesa punitiva in tempi modesti, impossibilità di fare ricorso a strumenti investigativi penetranti (dal codice processuale riservati unicamente ai delitti), ovvero di anticipare la tutela sanzionatoria con misure cautelari reali (incidenti sui mezzi produttivi del danno o sul patrimonio) o personali (restrittive, cioè, della libertà personale), anche di tipo interdittivo.
      Con la proposta di legge in oggetto si intende inserire la tutela dell'ambiente nella disciplina codicistica, all'interno del catalogo dei beni di rilevanza fondamentale e costituzionale, introducendo con l'articolo 1 il titolo VI-bis del libro II del codice penale.
      Il rapporto di accessorietà della sanzione penale rispetto al diritto amministrativo ambientale rende consigliabile - allo scopo di evitare l'introduzione di una nozione di «ambiente» che finirebbe per avere contenuto assai incerto e quindi per essere esposta ad oscillazioni interpretative - costruire le ipotesi delittuose secondo lo schema delle norme penali in bianco. Si tratta di qualificare come delitti le condotte di dolosa trasgressione di vincoli normativi già esistenti, purché siano posti da atti aventi forza di legge, attualmente in vigore, presidiati con sanzioni di tipo contravvenzionale od amministrativo. A tale logica risponde la proposta di introduzione della disposizione di cui all'articolo 452-bis del codice penale. Peraltro, l'approvazione del disegno di legge-delega per la riforma della materia ambientale e ora l'emanazione del relativo decreto legislativo (decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) contribuiscono sicuramente a una migliore definizione dei confini delle norme cui la fattispecie delittuosa in questione farà rinvio, in ossequio ai princìpi di legalità e di tassatività della norma penale.
      Si manifesta, poi, l'opportunità, al fine di rendere seriamente efficace e dissuasivo il precetto penale, di strutturare le fattispecie incriminatrici in funzione della progressività dell'aggressione al bene giuridico tutelato, contemplando dapprima ipotesi base di pericolo astratto (per le quali, cioè, la mera violazione intenzionale di prescrizioni di carattere amministrativo comporta la presunzione di messa in pericolo del bene tutelato) e poi successive ipotesi di pericolo concreto e di danno, con trattamento sanzionatorio appositamente modulato. Appare anche opportuno introdurre la specifica clausola che rende inapplicabile il bilanciamento tra le circostanze attenuanti e le aggravanti (quinto comma), al fine di evitare che delitti altamente lesivi per l'incolumità delle persone e l'ecosistema possano vedere comminata nel caso concreto una sanzione del tutto irrisoria, sproporzionata alle conseguenze dannose, spesso irreparabili, provocate dal delitto.
      La consapevolezza dell'attuale fenomenologia della criminalità ambientale, sempre più criminalità di impresa e di profitto, ha consigliato l'introduzione di una fattispecie di associazione a delinquere modulata sulla base di tale specifica finalità (articolo 452-ter), la quale si pone anche in raccordo con l'attuale disposizione
 

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di cui all'articolo 260 del citato decreto legislativo n. 152 del 2006, tipizzando però gli specifici ruoli dei compartecipi del gruppo criminale e anche prevedendo un'aggravante per il caso di partecipazione associativa del pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio al quale siano demandati compiti in materia ambientale. Inoltre, i sempre più frequenti collegamenti tra la criminalità ambientale e sodalizi di tipo mafioso, giustifica l'introduzione di una aggravante a effetto speciale (quarto comma dell'articolo 452-ter). È stata d'altra parte ritenuta indispensabile la previsione di una competenza investigativa delle direzioni distrettuali antimafia, già competenti per le altre forme di crimine organizzato quali la tratta degli esseri umani, il traffico di droga e il contrabbando di sigarette (articolo 5 della proposta di legge).
      Per adempiere all'obbligo di dare attuazione alle linee della citata decisione quadro, è stato previsto il delitto di inosservanza colposa delle disposizioni in materia ambientale (articolo 452-quater), per il caso in cui le condotte di cui al primo comma dell'articolo 452-bis abbiano provocato un danno all'ecosistema.
      Di particolare rilievo la fattispecie di «frode in materia ambientale» (introdotta con l'articolo 452-quinquies) con la quale si prevede una disposizione con i caratteri propri della specialità fra fattispecie, rispetto ai reati di falso già previsti nel codice penale, punita più severamente per il caso in cui i documenti siano afferenti alla materia ambientale (ossia riguardino i regimi autorizzatori che hanno come obiettivo il controllo dei soggetti che svolgono attività di impresa o le altre prescrizioni ambientali). All'atto falso è equiparato il documento illecitamente ottenuto, ossia frutto di corruzione ovvero rilasciato a seguito di utilizzazione di mezzi di coercizione fisica o morale nei confronti dei soggetti pubblici demandati al suo rilascio. Una specifica clausola (terzo comma) equipara l'autorizzazione in materia ambientale, ottenuta illecitamente, alla situazione di mancanza di autorizzazione.
      Per bilanciare il rigore sanzionatorio introdotto per adeguare la normazione italiana agli standard europei, ma anche per perseguire delle linee di politica criminale volte all'incentivazione delle condotte di collaborazione e di ripristino dell'ambiente nello status quo ante la perpetrazione del crimine ambientale, viene introdotta una specifica norma (articolo 452-sexies: ravvedimento operoso). Essa stabilisce alcuni effetti premiali per le condotte post delictum poste in essere dall'autore del reato: una consistente diminuzione di pena per chi si adopera per evitare che il delitto sia portato a conseguenze ulteriori e collabora anche con l'autorità di polizia o giudiziaria ai fini di agevolare l'accertamento del reato e di individuare i responsabili dello stesso. Un'altra diminuzione di pena, di minore consistenza - sempre successiva rispetto alla realizzazione del fatto delittuoso - consiste nelle condotte volontarie di messa in sicurezza, bonifica e, ove possibile, ripristino dello stato dei luoghi, purché poste in essere prima dell'apertura del dibattimento.
      Questa previsione di carattere premiale assume una consistente rilevanza atteso che la bonifica e il ripristino sono comunque obblighi aggiuntivi per l'autore del reato, ai quali dovrà essere data ottemperanza a seguito dell'ordine del giudice emesso con la sentenza di condanna o di patteggiamento (articolo 452-septies, secondo comma). Del resto in materia ambientale l'effettività del sistema sanzionatorio è affidata anche a un corredo di pene accessorie, previste nella medesima disposizione.
      Dato che la criminalità ambientale è criminalità di profitto, sovente su base organizzata, diventano indispensabili misure sanzionatorie che colpiscano i patrimoni mediante la confisca dei profitti del reato, la quale deve essere prevista come obbligatoria anche nel caso in cui il procedimento penale si concluda con l'applicazione della pena su richiesta delle parti prevista dall'articolo 444 del codice di procedura penale. A tale obiettivo risponde la disposizione dell'articolo 452-octies.
 

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Inoltre, qualora sia impossibile confiscare i proventi di reati di tipo ambientale, è stabilita la confisca cosiddetta «per equivalente».
      I crimini ambientali previsti dal titolo VI-bis sono inoltre inclusi nella disposizione di cui all'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, che prevede per i condannati la confisca dei patrimoni, che risultano sproporzionati rispetto al reddito, accumulati per effetto delle condotte criminali, fatta salva la prova dell'origine lecita dei beni posseduti (articolo 3, comma 2, della proposta di legge).
      Per quanto attiene all'effettività della sanzione comminata, si è ritenuto necessario escludere i reati tipizzati nel presente intervento legislativo dal novero di quelli per i quali è possibile l'applicazione di sanzioni sostitutive alla detenzione, introdotte dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni (articolo 3, comma 1, della proposta di legge).
      All'articolo 2 della proposta di legge sono introdotte norme specifiche che prevedono la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per i delitti ambientali, in ottemperanza agli impegni europei e internazionali. Il sistema del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, rappresenta la cornice generale per costruire la responsabilità delle soggettività giuridiche conseguente a un reato ed è base anche per la costruzione di un diritto sanzionatorio unitario in materia di enti. Già, del resto, l'articolo 11 della legge delega 29 settembre 2000, n. 300, includeva, tra i delitti suscettibili di responsabilità amministrativa per l'ente, i reati in materia ambientale, ma il Governo ritenne allora di non esercitare la delega sul punto. Con la presente proposta di legge viene prevista la responsabilità dell'ente nel caso in cui il crimine ambientale sia commesso nel suo interesse o a suo vantaggio e sono anche fissate le sanzioni pecuniarie, graduate secondo gli effetti del reato, nonché le sanzioni interdittive. Inoltre è anche introdotta una disposizione che ha lo scopo di valorizzare la collaborazione attiva dell'ente, attenuando la sua responsabilità, disposizione che si colloca sulla linea delle prassi di altri Paesi in materia di tutela ambientale. Se, infatti, l'obiettivo primario di una rivisitazione del sistema penale in materia ambientale è di scoraggiare ogni aggressione all'ambiente, in forma individuale od organizzata, aspetto fondamentale di tale strategia non può non essere anche quello di promuovere un vero e proprio mutamento culturale nel mondo imprenditoriale: persuadere le imprese che, investendo in ecologie pulite, in aderenza con il progresso scientifico e tecnologico, investono anche in un futuro sociale ed economico che ne potrà accrescere la competitività. Per incentivare la collaborazione pronta e leale della persona giuridica è stata prevista la non applicazione della sanzione accessoria della pubblicazione della sentenza di condanna disciplinata dall'articolo 9 del decreto legislativo n. 231 del 2001 (articolo 26-bis del medesimo decreto legislativo n. 231 del 2001, introdotto dall'articolo 2, comma 2, della proposta di legge).
      Da ultimo, all'articolo 4 della proposta di legge, è stato consentito l'utilizzo di speciali tecniche investigative, già sperimentate nelle indagini in materia di crimine organizzato e per le forme di criminalità grave, consistenti nella possibilità di differire od omettere gli atti di cattura, arresto e sequestro, naturalmente sotto il controllo dell'autorità giudiziaria, in modo da adeguare le strategie investigative alla dimensione organizzata dei fenomeni illeciti in materia ambientale.
 

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